Ebrei stranieri internati in Italia durante il periodo bellico

a cura di Anna Pizzuti

Scheda storica – L’internamento e i gruppi di internati

L’internamento

Appena vi sarà posto nelle carceri ciò che dovrà ottenersi sollecitando traduzione straordinaria individui già arrestati ai campi di concentramento loro assegnati dovrà procedersi rastrellamento ebrei stranieri appartenenti a Stati che fanno politica razziale. Detti elementi indesiderabili imbevuti di odio verso i regimi totalitari, capaci di qualsiasi azione deleteria per la difesa dello Stato et ordine pubblico vanno tolti subito dalla circolazione. Dovranno pertanto essere arrestati ebrei stranieri tedeschi, ex cecoslovacchi, polacchi, apolidi dall’età di diciotto a settanta anni. Di essi dovrà essere inviato Ministero elenco con generalità per assegnazione campi concentramento. Loro famiglie in attesa di apprestamento appositi campi di concentramento già in allestimento dovranno essere provvisoriamente avviate con foglio di via obbligatorio at capoluoghi di Provincia che mi riservo indicare non appena mi saranno pervenuti elenchi relativi. Ebrei ungheresi et rumeni dovranno essere allontanati dal Regno; nei casi in cui ciò non fosse possibile prego informare questo Ministero per determinazioni“.i
Con questa circolare telegrafica emanata il 15 giugno del 1940 fu disposto l’internamento degli ebrei stranieri residenti in Italia che erano diventati cittadini in data successiva al 1° gennaio del 1919 e degli ebrei stranieri profughi da varie nazioni europee i quali a quella data si trovavano ancora in Italia, nonostante il governo fascista ne avesse vietato l’ingresso e il soggiorno e disposto per essi l’espulsione.ii
Gli ebrei stranieri di cui si trasmettono per la revisione o si conservano lettere spedite da Ferramonti, erano stati inviati nel campo in parte da varie città italiane a partire dal giugno del 1940, in parte vi erano arrivati durante la guerra da territori stranieri passati sotto la giurisdizione italiana anche in seguito alle vicende belliche nei quali erano giunti dopo varie vicissitudini.
Gli ebrei stranieri internati a Ferramonti destinatari di lettere inviate loro dai paesi di origine o da altre nazioni appartengono a questa seconda particolare categoria di internati e, quasi tutti, facevano parte di gruppi dei quali, di seguito, si indica la provenienza e si sintetizzano le vicende.

Il gruppo proveniente da Bengasi

Il gruppo proveniente da Bengasi, detto anche dei “Bengasioti” era costituito da 302 ebrei stranieri, uomini, donne, bambini, provenienti da varie nazioni, in gran parte entrati in Italia con il visto turistico, in parte liberati da Dachau a patto che lasciassero la Germania, in parte già residenti in Italia da qualche anno. Nel maggio del 1940, temendo di essere espulsi dall’Italia, erano ripartiti, ufficialmente per l’allora Siam, in realtà per la Libia da dove pensavano di imbarcarsi illegalmente per la Palestina.iii A Bengasi vennero sorpresi dall’entrata in guerra dell’ Italia, che pose fine alla navigazione civile. Le autorità coloniali italiane li internarono prima in una caserma militare, poi in una baraccopoli ai margini della città di Bengasi, fino a quando il Ministero dell’Interno ordinò il loro trasferimento in Italia e l’internamento a Ferramonti. Il 29 agosto furono imbarcati in una nave passeggeri che li portò a Napoli. Qui vennero trattenuti per tre settimane nel carcere di Poggioreale, fino a quando non vennero trasferiti in Calabria. Arrivarono nel campo il 16 settembre del 1940.

Il gruppo proveniente da Kavaja (Albania)

Il campo di Kavaja, posto sotto l’amministrazione militare italiana era situato in Albania. Qui venne internato già nel luglio del 1941 un gruppo di ebrei profughi rastrellati nel Montenegro e trasferiti a Cattaro. Le circa duecento persone che lo componevano erano fuggite dalle loro città d’origine – Belgrado e Sarajevo – in seguito all’occupazione nazista della Serbia e alle persecuzioni effettuate nella Bosnia annessa alla Croazia.
Il rastrellamento avvenne nella notte tra il 22 e il 23 luglio del 1941, ma il prefetto di Cattaro invece di procedere all’ espulsione , dispose il loro trasferimento nel campo di Kavaja. Le autorità italiane non accettavano la presenza di ebrei in Albania e così, il 25 ottobre del 1941, i profughi – 187 degli originari 192 – furono trasferiti con dei camion nel porto di Durazzo ed imbarcati verso l’Italia su un piroscafo diretto a Bari. Da qui furono trasferiti a Ferramonti dove giunsero il 27 ottobre del 1941.

Il gruppo proveniente da Spalato

Nella Dalmazia annessa all’Italia dopo l’invasione della Jugoslavia iniziata il 6 aprile del 1941 e in particolare nella città di Spalato si affollavano migliaia di profughi. Oltre che dalla Croazia, molti provenivano dalla Bosnia Erzegovina, la cui zona nord-orientale con Sarajevo, faceva parte dello stato di Ante Palevic. Altri erano arrivati dalla Serbia, soprattutto da Belgrado. Tra di essi, inoltre, vi erano anche tedeschi, austriaci, polacchi, rifugiatisi in Jugoslavia prima della sua occupazione.
La loro permanenza a Spalato era difficile a causa della presenza di forze antisemite nelle organizzazioni locali del partito fascista. Le autorità, inoltre, erano convinte che gli ebrei presenti nella città fossero pericolosi anche politicamente. L’obiettivo costante di Bastianini, governatore della Dalmazia, fu quello di allontanare gli ebrei, rinviandoli nelle loro zone di provenienza come gli veniva ordinato di fare. Negli ultimi mesi del 1941, però, in presenza di un numero sempre maggiore di profughi, Bastianini riuscì a convincere il governo italiano a procedere al loro internamento in Italia. I trasferimenti iniziarono il 20 novembre del 1941 dal porto di Spalato; la nave “Cattaro”, fece la spola tra Spalato e Fiume ed entro il 15 dicembre più di mille ebrei stranieri raggiunsero l’Italia e furono internati nelle province di Vicenza, Treviso, Asti, Aosta, Parma, per essere poi, in vari casi, trasferiti a Ferramonti. Ai primi di gennaio, però, il Ministero dell’interno comunicò al governatore Bastianini che i trasferimenti dovevano essere sospesi, perché nei comuni e nei campi italiani non c’era più posto. Molti dei profughi entrati in Dalmazia nei mesi successivi vennero allontanati.

Internati da Lubiana

La cosiddetta Provincia di Lubiana che copriva solo parte del territorio sloveno, era stata annessa all’Italia a seguito dell’invasione della Jugoslavia. Il comportamento nei confronti degli ebrei profughi tenuto da Giuseppe Grazioli, che governava la provincia con il titolo di Alto commissario fu – per varie ragioni, soprattutto politiche – diverso da quello delle autorità responsabili delle altre zone jugoslave annesse all’Italia.
Il numero dei profughi giunti in quella parte della Slovenia durante i primi mesi dell’occupazione fu decisamente inferiore rispetto al numero di quelli che raggiunsero gli altri territori controllati dagli italiani, e alle frontiere della provincia di Lubiana non si verificarono respingimenti di massa, come invece accadde nelle province di Fiume o della Dalmazia. Accadeva, anzi, che molti dei profughi respinti alle frontiere di questi territori riuscissero a trovare rifugio proprio nella provincia di Lubiana.
Va notato, infine, che Grazioli, fu più disponibile ad internare in Italia gli ebrei che si rifugiavano nel territorio da lui governato. Il primo gruppo proveniente da Lubiana arrivò a Ferramonti il 31 luglio del 1941. Entro il 1942 avvenne l’internamento di altre centinaia di ebrei profughi.

Il gruppo proveniente da Rodi

Il 16 maggio 1940 il battello fluviale”Pentcho”con a bordo 509 ebrei emigranti dalla Slovacchia, dalla Boemia, dalla Germania, dall’Austria, dall’Ungheria, dalla Polonia, lasciò il porto di Bratislava sul Danubio diretto verso l’allora Palestina.
Il viaggio era stato preparato da due organizzazioni del sionismo revisionista, la New Zionist Organization (NZO) e il Betar il cui rappresentante a Bratislava era Alexander Czitrom. La preparazione era iniziata nel 1939. Dei 506 passeggeri della nave Pentcho, 101 erano ebrei polacchi, tedeschi, austriaci liberati da Dachau dopo lunghe trattative tra la NZO e le autorità naziste, a condizione che lasciassero subito la Germania. Tutti gli altri provenivano dagli stati dell’Europa dell’Est, principalmente dai territori dell’ormai disgregata Cecoslovacchia, compresi quelli tornati, in quello stesso periodo, all’Ungheria, come, appunto, molti dei destinatari delle lettere scritte in lingua ungherese.
Il “Pentcho” scese lungo il Danubio, fino a Budapest e Belgrado, ricevendo danaro e viveri dalle Comunità israelitiche di queste città.
Proseguendo il viaggio tra molte difficoltà e lunghe soste, il battello riuscì a raggiungere il mar Nero e da qui il mar Egeo e Atene dove i viaggiatori furono rifocillati dalla Comunità locale.
Ripreso il viaggio, il 9 ottobre del 1941 il battello si incagliò sugli scogli dell’isolotto Kamila Nisi a seguito dello scoppio delle caldaie. Nove giorni dopo il naufragio i profughi furono prelevati dalla nave italiana Camogli e trasportati a Rodi, allora sotto il controllo degli italiani, dove rimasero, in qualità di internati, fino a quando, tra il febbraio e il marzo del 1942 furono trasportati al campo di Ferramonti.

Riferimenti bibliografici

 

  • Carlo Spartaco Capogreco, Tra storiografia e coscienza civile – La memoria dei campi fascisti e i vent’anni che la sottrassero all’oblio, in Mondo Contemporaneo, Franco Angeli editore, n.2,2014
  • Davide Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell’Italia fascista in Europa, Bollati-Boringhieri, Torino, 2003
  • Klaus Voigt,Il rifugio precario . Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, La nuova Italia, Firenze 1996, Vol. II
  • Carlo Spartaco Capogreco I profughi ebrei rastrellati in Montenegro e il loro internamento in Albania e in Italia, in Laura Brazzo e Michele Sarfatti (a cura di) Gli ebrei in Albania sotto il fascismo – una storia da ricostruire ed Giuntina, Firenze 2010
  • Marco Clementi e Eirini Toliou, Gli ultimi ebrei di Rodi – Leggi razziali e deportazioni nel Dodecaneso italiano (1938-1948), Ed Derive Approdi 2015

 


i Circolare telegrafica n. 433/45626 del 15 giugno 1940. Capo della polizia a Prefetti del Regno e Questore di Roma, in ACS, Massime, M4 Mobilitazione civile b. 99
ii Regio Decreto-Legge del 7 settembre 1938-XVI, n. 1381 contenente provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri
iii Questo viaggio rientra in quelli definiti Aliyah Bet che era il nome in codice dato a immigrazione illegale degli ebrei nella Palestina sottoposta al mandato britannico. Molti di questi viaggi partirono da Trieste, alcuni anche da Fiume. Le autorità, comprese quelle italiane, erano sempre informate di questi viaggi – come accade nel caso dei “Bengasioti” – e li tolleravano.

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