“Nessun ebreo venne deportato dall’Albania”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un articolo che il Sig. Sulejmani ci ha segnalato, tratto da Notiziario NIP – News ITALIA PRESS agenzia stampa – N° 43 – Anno XII, 3 marzo 2005.

Alla cortese attenzione del vostro ufficio stampa.

Sono un albanese che vive e lavora in Italia da molti anni. Ho ritrovato in questo articolo un motivo di orgoglio per la mia nazione e per il mio popolo.

Con profondo rispetto per il vostro popolo e per le sofferenze del passato e del presente colgo l’occasione per inviare cordiali saluti

Olsi Sulejmani – Via Giordano Bruno, 39

61100-Pesaro

Nessun ebreo venne deportato dall’Albania nel corso della seconda Guerra Mondiale, né durante l’occupazione delle truppe italiane – dal 7 aprile 1939 all’8 settembre del 1943, ndr – né quando al potere andarono direttamente i nazisti tedeschi.

Sono questi i primi risultati di un’importante ricerca, in corso da circa un anno, portata avanti dalla Fondazione Istituto Gramsci e dalla Direzione Generale degli Archivi Albanesi, sotto la guida dei rispettivi direttori Giuseppe Vacca e Shaban Sinani. Una ricerca che verrà pubblicata con il titolo: “Repertorio delle fonti ebraiche contemporanee degli Archivi di Tirana”.

Dice Sinani: “Stiamo per pubblicare la Guida ai documenti, di cui è già stato concluso il testo in albanese e che attende solo la traduzione in italiano“. E Natale Parisi, assistente di Vacca e responsabile del Gramsci per l’area balcanica, aggiunge:”Gli archivi albanesi sono rimasti chiusi e inaccessibili per 60 anni, poi dopo la caduta del comunismo sono seguiti 10 anni tumultuosi“.

Lo spunto allo studio è stato dato dal libro di memorie di Jacomoni di San Savino, Luogotenente del Re Imperatore in Albania dal 1939 al 1943, pubblicate da Cappelli nel 1965 ma di cui non si era mai potuto verificare l’attendibilitàNelle sue memorie, Jacomoni raccontava episodi importanti di azioni di salvataggio e di difesa nei confronti di ebrei nel Paese.

Racconta ancora Parisi: “Negli archivi c’è tutta la corrispondenza tra i vari uffici governativi – in particolare prefetture, questure, direzione generale di polizia, governo albanese, comandi militari italiani e luogotenenza generale – che conferma tutta l’operazione. Per esempio, in una lettera del Questore di Pristina alla Direzione Generale di Polizia, si racconta di una famiglia ebrea con regolari passaporti albanesi rilasciati dal Consolato del Regno Unificato a Skopje, ma la stessa famiglia non risulta nell’anagrafe di nessuna città albanese! Dal Comando della Milizia Fascista, si protesta per il trattamento benevolo riservato agli ebrei, denunciando il caso di una ventina di capifamiglia assunti dal genio militare italiano a Kavaja nelle vicinanze di Tirana. …In quel periodo vennero convogliati in Albania tutti gli ebrei del Kosovo, del Montenegro, della Dalmazia, che venivano sostenuti economicamente, muniti di veri passaporti con false generalità”.

Nel corso degli anni di guerra – aggiunge Sinani – tutti gli ebrei che vivevano in territori sotto il controllo tedesco cercavano di raggiungere l’Albania per salvarsi. Le truppe militari italiane non hanno mai portato avanti azioni di violenza contro gli ebrei: ‘Sorvegliamo ma non puniamo’ era il loro motto”.

Michele Sarfatti, direttore della Fondazione CDEC tuttavia rileva: “Per l’Albania non è corretto parlare di salvataggio fino all’8 settembre 1943: non è stato un fatto speciale; in linea di massima, salvo alcuni sparuti eventi – la politica italiana in quel periodo non era per lo sterminio“. La Shoah non sarebbe infatti stato un evento omogeneo in tutto il continente. “Ci sono stati Paesi in cui le condizioni sono state migliori o peggiori, e da questo deriva un continuo spostamento di ebrei verso le aree in cui si potevano sentire più protetti”.

L’occupazione italiana in Albania durò fino all’8 settembre 1943, data dell’annuncio dell’armistizio con gli Alleati e della fine dell’alleanza militare con la Germania. Dice il Direttore degli Archivi di Tirana: “Dopo quella data, la situazione per gli ebrei non cambiò molto, grazie alla volontà della gente albanese. Mentre gli italiani avevano gli elenchi di tutti gli ebrei lì residenti e di coloro che erano giunti negli anni, quando arrivarono i tedeschi e chiesero di avere quegli elenchi nessuno li fornì loro“. Nel Paese è conservata anche una parte degli archivi nazisti di quegli anni. “Da quei documenti è chiaro che i tedeschi avevano capito che non ci sarebbe stato nulla da fare: avevano bisogno di un Paese in cui poter riparare in tranquillità e dovettero sottostare a un compromesso con la popolazione locale. Un ambiente tranquillo, senza rivolte, ma in cambio nessun sopruso e nessuna deportazione di ebrei” continua Sinani. “Alla fine della seconda Guerra mondiale, in Albania gli ebrei residenti erano circa 3.000. Non un gran numero in termini assoluti, ma decisamente rilevante se si pensa che nel 1939 erano solo 200“.

In Albania si verificò dunque una situazione unica in Europa: “C’è da capire perché accadde” prosegue Parisi. Dopo l’8 settembre i nazisti arrivano in Albania, trattano un compromesso con il governo che diventa loro collaboratore: Da questo – spiega lo storico – nasce la tesi di una certa parte di destra albanese, secondo la quale gli italiani furono gli invasori e i tedeschi, invece, i liberatori“. Ma la storia é questa solo dall’8 settembre 1943. “I tedeschi rimasero circa 12 mesi nel Paese e in tutto quel periodo non ci fu una sola deportazione: da documenti tedeschi ritrovati, abbiamo potuto registrare che i nazisti avevano capito che la popolazione e il governo locale erano contrari e decisero di non intervenire in tal senso. Inoltre la pianura albanese da Valona fino ai confine del Montenegro era la più facile e sicura via di ritirata delle armate naziste dalla Grecia“. Anche per questo ai tedeschi interessava rimanere nel Paese.

Perché un episodio storico così importante è rimasto nascosto così a lungo? “L’Albania è stata chiusa in sé stessa, per motivi politici, per molti decenni – spiega Sarfatti –. Era un episodio conosciuto, ma non molto. Alcuni libri sulla Shoah non nominano neanche l’Albania! Eppure si tratta di un evento storico molto rilevanteun Paese musulmano, e anche tra i più poveri, ha avuto in quegli anni uno dei comportamenti migliori, se così si può dire, e più coraggiosi nei confronti della persecuzione contro gli ebrei”.

La singolarità della vicenda sarebbe proprio questa, secondo Parisi, “che si tratti di eventi quasi sconosciuti agli storici, testimoniati solo dai racconti di alcuni sopravvissuti, ma mai verificati, sia per l’inaccessibilità delle fonti, sia per lo scarso interesse provocato dalle vicende albanesi; essendo un Paese piccolo, lo si è sempre ritenuto marginale“.

Il carattere della società albanese nel corso degli anni del comunismo fu determinante per mettere sotto silenzio tali avvenimenti. “Era un motivo di orgoglio per tutti – conclude Sinani – ma era purtroppo anche un argomento tabù, che non poteva essere affrontato. Oggi finalmente possiamo portare alla luce una gloriosa pagina di storia dell’Albania“.

Carlo Griseri

Notiziario NIP – News ITALIA PRESS agenzia stampa – N° 43 – Anno XII, 3 marzo 2005

https://www.hakeillah.com/2_05_34.htm

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